Perfezione formale

La perfezione formale nella fotografia

La domanda in effetti è lecita: quanto conta la perfezione formale in una fotografia?

E’ essa essenziale?

Naturalmente NON esiste una risposta definitiva e univoca. Allora è necessario capire, di ogni genere fotografico, la propria intrinseca estetica e di quali caratteristiche essa vive. Solo così potremo davvero valutare correttamente quale sarà l’impatto sul risultato finale di ogni parametro tecnico, e saremo anche in grado di giudicare le immagini di altri autori, basandoci su criteri motivati.

Quindi quando osserviamo uno scatto, dobbiamo innanzitutto cercare di capire a quale genere appartiene. I generi sono ovviamente tanti, per non dire infiniti e quindi non possiamo pretendere di conoscerli tutti. Ma questo non è necessario, basta avere coscienza a grandi linee del tipo di fotografia ci troviamo davanti e soprattutto andare subito a cercare di capire l’estetica che fa vivere quel tipo di foto.

Pertanto il metodo migliore per identificare il criterio estetico chiave ( genere fotografico ) è capire di che cosa vive quella foto.

Per chiarire meglio farò qualche esempio.

Di che cosa vive la fotografia architettonica: ovviamente di linee, di superfici, di riflessi e ombre sulle facciate degli edifici stessi, di colori e di contrasti tra gli edifici e il cielo. Se questo è vero, allora automaticamente sarà anche facile risalire alle caratteristiche estetiche irrinunciabili che la fotografia architettonica dovrà avere: gestione perfetta delle linee ( a meno che si voglia VOLUTAMENTE creare prospettive e punti di vista particolari, ma siamo nel campo dell’eccezione), messa a fuoco eccellente, colore saturo e, dove sia presente il cielo, un adeguato contrasto, per far “staccare” gli edifici dal cielo stesso.

Potrei continuare, ma credo sia chiaro il concetto. In questo caso la perfezione formale è sicuramente essenziale. Poi potremo salvare tutte le eccezioni “creative” che volete, ma esse devono essere DAVVERO giustificate e non semplicemente essere causate dal fatto che il fotografo non conosce la regola di evitare le linee cadenti negli edifici o la corretta esposizione ecc.

Di che cosa vive la macrofotografia: di piccoli dettagli che sfuggono all’osservazione dei più e che il fotografo attento porta all’attenzione del pubblico. E’ ovvio allora che tali piccoli dettagli che “SONO” la fotografia, dovranno essere perfetti e dettagliati e “stupire” , colpire per la loro forma, colore e illuminazione. E la nitidezza dovrà essere “spietata”. Anche in questo caso la perfezione formale è irrinunciabile, nessun elemento dello sfondo deve disturbare il soggetto.

Di che cosa vive la fotografia di paesaggio: di inquadratura, di contrasti di luce, di colori. E allora la perfezione di una inquadratura, la correttezza dell’esposizione e la capacità di attendere il momento in cui i colori sono i più espressivi, in cui la luce colpisce “quel” particolare dettaglio, con “quel” particolare colore, saranno tutti parametri essenziali e funzionali a un panorama impeccabile e con la marcia in più.

Di che cosa vive la street-photography e il reportage: di attimi colti e “rubati”, di atteggiamenti, di situazioni, di accostamenti drammatici o ironici, scene comunque diverse dal solito, di realtà anche brutali come i reportage di guerra. In una parola conta l’ ”attimo”. Qui allora la perfezione formale NON è essenziale. NON cestineremo certo le foto di Capa dello sbarco in Normandia, perché sono “Slightly out of focus” leggermente fuori fuoco, come commentò all’epoca un redattore di Life!!!

Il che non significa che se c’è perfezione formale essa fa schifo e la buttiamo, diciamo solo che non è essenziale, perché non è quella che conferisce alla foto la sua significatività, la sua ragione d’essere.

Mentre invece nei casi precedenti la perfezione formale fa l’immagine e ne costituisce l’essenza stessa.

Esempi di questo genere se ne possono fare molti altri, ma non era mia intenzione comporre un trattato di estetica fotografica. Solo dare alcuni spunti di riflessione, anche per interpretare meglio, valutare  e commentare le foto postate nel Blog.

 

G. Pandolfi Admin


3 commenti su “Perfezione formale”

  1. Caro Giò, molto interessante la tua sollecitazione, forse troppo rigida però perché infine trova il suo punto di forza nelle caratteristiche intrinseche dell’oggetto (situazione) fotografati rendendo l’apporto del fotografante sostanzialmente tecnico/algoritmico, ovvero legato ad esecuzione di regole ormai certe ed indiscutibili.

    E la creatività, l’intepretatività, la soggettività dell’essere senziente (persona che fotografa) dove si collocano: sono tutte nell’esecutività perfetta di procedure costrittive, altrimenti dette “regole” ?

     

    Ciò premesso, tre suggestioni (cercate al volo..) da considerare:

     

    PARADOSSI,

    da https://it.wikipedia.org/wiki/Perfezione

     

    L’esistenza parallela di due concetti di perfezione, uno rigido (come “perfezione”) e l’altro più libero (“eccellenza”), ha dato vita — forse già dall’antichità, ma certamente dal Rinascimento — ad un singolare paradosso secondo cui la più grande perfezione è l’imperfezione. Questo paradosso fu formulato da Giulio Cesare Vanini (1585-1619), il quale ebbe un precursore, lo scrittore Giuseppe Giusto Scaligero; entrambi, a loro volta, si rifacevano al filosofo antico Empedocle. I due affermavano che, se il mondo fosse perfetto, esso non potrebbe migliorare e mancherebbe, quindi la “vera perfezione”, la quale dipende dal progresso. Secondo Aristotele, “perfetto” significava “completo” (“niente da aggiungere o da sottrarre”). Per Empedocle, secondo quanto afferma Vanini, la perfezione dipende dall’incompletezza (“perfectio propter imperfectionem” — “la perfezione è vicina all’imperfezione”), perché essa possiede delle possibilità di sviluppo e completamento con nuove caratteristiche (“perfectio complementii”). Quest’idea si ricollega all’estetica barocca di Vanini e Marin Mersenne: un’opera d’arte è perfetta se chi la ammira è attivo — cioè, se completa l’opera d’arte con uno sforzo, cioè sforzando la propria mente con l’immaginazione.

     

    ESTETICA, nelle sue molteplici possibili forme, da

     

    http://www.cultor.org/Estetica/Estetica.html

     

    INVENTIVITA’, da

     

    https://nuovoeutile.it/animali-inventori-pittori-fotografi/

     

    Ciao, Angelo

     

    N.B. Riportare, se serve, il link nel motore di ricerca

  2. Angelo volevo che l’argomento fosse oggetto di riflessione. Ampliando il discorso non ne ricaviamo nulla; hai giustamente fatto tante citazioni, e come dici tu, e ne sono convinto, sei solo in superficie, certamente i trattati sono tanti, direi infiniti. Nel mio piccolo volevo solo porre l’attenzione sull’argomento. Non ho mai menzionato regole compositive estetismi o correnti estetiche, inventive originalità ecc.

    Ho fatto un discorso “terra terra” e tirato in ballo: esposizione, messa a fuoco, nitidezza, attesa delle condizioni di luce particolari, contrasti, ricerca dell’attimo singolare, ecc.

    Non era nelle mie intenzioni estendere oltre l’argomento, che pur si presta, e tu ne dai un esempio nel tuo commento.

    Certamente non sono stato in grado di farmi capire, forse scritto troppo in fretta, e/o non ho l’esperienza giusta.

  3. No, che dici. Il tuo intervento è centrato e puntuale (forse il mio è troppo prolisso). La questione di fondo è quanto possa incidere la soggettività intenzionale del fotografo. Ciao, Angelo

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